Palazzo Barra di Ferro
Il palazzo Barra di Ferro è così chiamato perché dai primi anni dell'Ottocento fino al 1913 fu sede di un albergo che portava questo nome. Nelle sue stanze furono ospitate alcune personalità illustri del tempo come Vittorio Emanuele II, Cavour, Garibaldi, Umberto I, Crispi e Giovanni Giolitti.
La storia dell'albergo ebbe fine durante il primo conflitto mondiale perché la struttura venne requisita e divenne in parte deposito militare, in parte ospitò uffici e abitazioni. Negli anni quaranta, queste ultime, che erano diventate dei piccoli appartamenti, furono abitate da famiglie di impiegati e di alcuni sottoufficiali dell'esercito.
Nel Palazzo Barra di Ferro ebbe origine il primo nucleo della SAP cuneese, ovvero le squadre di azione patriottica; queste ultime, a differenza delle GAP, i Gruppi di azione partigiana, i cui elementi vivevano e operavano in condizione di clandestinità, erano composte da persone che mantenevano il loro posto di lavoro e nella società.
I membri della SAP si occupavano della produzione di materiale antifascista, di azioni di spionaggio e sabotaggio. Negli alloggi e nelle cantine delle famiglie Azzalin e Biancani, residenti nel palazzo, ebbero sede non solo il comando e il deposito di armi della SAP, ma anche l'organizzazione clandestina del partito comunista e il recapito delle staffette garibaldine.
La SAP giovanile era diretta da Dario Azzalin, che accettò subito l'incarico affidatogli dall'amico Claudio Biancani, responsabile cittadino del Partito Comunista. Il giovane antifascista riuscì in poco tempo ad avvicinare all'organizzazione i vecchi amici d'infanzia e del vicolo.
Le prime azioni dimostrative della Sap furono atti di propaganda, attraverso scritte murali e l'affissione di manifesti in città che facevano appello alla popolazione, affinché si unisse alla lotta contro il fascismo, e ai soldati, invitandoli a disertare e a unirsi ai partigiani. La SAP cuneese disponeva di due stamperie clandestine: una era sistemata nella cabina di proiezione del cinema Lanteri, l'altra nel magazzino dell'impresa di trasporti dove lavorava Armando Azzalin, fratello di Dario.
È dal cortile del palazzo Barra di Ferro che il 27 aprile del 1945 partì l'insurrezione antifascista. Dario Azzalin, alle 7,30 di quel giorno, radunò i suoi giovani e consegnò loro un'arma, delle munizioni e qualche bomba a mano. Alle ore 9,00, il portone del palazzo si spalancò e i giovani sappisti fecero insurrezione in Via Roma, gridando "Viva l'Italia" e dirigendosi verso la Prefettura.
Accanto al portone d'ingresso si trova la lapide che ricorda l'evento.